Alle origini dell’anima occidentale. Per un Tommaso d’Aquino senza tomismi

12.00

La Spisa Mauro

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Descrizione

L’Autore presenta la “Somma Teologica”, l’opera più nota Mauro La Spisa di Tommaso d’Aquino (del quale nel 2025 ricorrerà l’ottavo centenario della nascita) nell’inusuale capovolgimento della sua architettura tematica: non esordire dal Dio creatore per scendere ai vissuti umani ma l’inverso, non per obbedire a qualche stravaganza devozionale o pubblicitaria ma per intraprendere un percorso di avvicinamento al divino che sia esercizio di volontà e rischiaramento della coscienza collettiva. Nell’età dell’informatica ove ogni comunicazione rischia di scivolare nei residui antichistici dell’umanesimo, l’esperimento rasenta la sfida di una missione impossibile: rivivere la parentela col divino non come potere che sacralizza i fatti ma che li redime dalla loro fatalità, ciò in cui Oriente e Occidente avvertono di aver perduto le proprie anime.

Recensioni

  1. Katia Adinolfi

    Il disegno di copertina è dello stesso A. ma nonostante alluda ad un probabile “divertissement” da “grafic novel”, supporta titolo e sottotitolo di tutt’altro tenore trattandosi di determinare le matrici culturologiche di quell’identità collettiva tuttora chiamata Europa rimessa in bilico da vari fattori corrosivi,
    Rispetto al contenuti evocati lo scritto è finanche troppo breve sia pure ad andamento denso e serrato, certamente non narratologico . Vi spicca l’inusuale presentazione della più nota (e voluminosa) opera di un Tommaso d’Aquino diretto e non “convenzionato” alle versioni manualistiche talora anche confessionali a priori : il Tommaso, per intenderci, dei canoni controriformistici od antimoderni. Di sicuro impatto è l’aver indirizzato i temi della “Somma Teologica” in una rotta per dir così “corsara” , quasi anarchicamente violata in funzione dell’intendimento dello stesso A. : offrirci un itinerario di riscatto sulla falsariga del pellegrinaggio dantesco (“…io che al divino dall’umano era venuto”, Parad.,31/v 38) invertendo lo stesso ordine dell’opera originaria, pur restando fedele allo spirito del tempo, tutt’altro che facilmente “ricontattabile” dagli attori della postmodernità. Il che spiega gli sforzi dell’A. per recuperare alla comprensione terminologie e concetti perlopiù dati per “antichisti”.
    E non per caso i testi tomasiani vengono esposti non al modo delle antologie scolastiche ossia al termine della trattazione ma nel vivo di essa quasi a volerne spremere quel succo essenziale che nell’arte profumiera fa la fortuna dei miscelatori e che oggi serve più che mai per svegliarsi dall’incubo della violenza distruttiva seguitando quei passi di Beatrice verso la luce dei quali l’Alighieri trovò certamente traccia nelle ben 9 “Quaestiones” che l’Aquino dedica a Maria nella III Parte della “Summa” ; né sarebbe appropriato ritenerle puro ossequio devozionale a fronte delle ben note restrizioni che lo spirito medievale impose al “secondo sesso” data la sincera lealtà con la quale lo stesso Tommaso riconosce l’eccellenza dell’animo femminile come quando, ad es:, nel Vangelo di Giovanni commentando l’incontro della Maddalena col Risorto, scambiato per il giardiniere da lei fatto oggetto di pressanti richieste di spiegazioni, si lascia sfuggire stupefatta ammirazione quasi in chiave femminista. “Mirabilis mulieris audacia!”.
    Per quanto gli “specialisti” di san Tommaso d’Aquino potranno rinvenire nello scritto dell’A. omissioni, lacune e quant’altro, a me pare “tutto sommato” che potrà nondimeno fungere da apripista alle attenzioni che nel prossimo anno di centenario della nascita (2025) verranno riservate l Santo, se non altro, come scrive lo stesso A., perchè la sua opera non resti una “cattedrale sommersa”.

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