La grande epidemia. Potere e corpi sociali di fronte all’emergenza nella Napoli spagnola

25.00

Fusco Idamaria

COD: 9788868662745 Categoria: Tag:

Descrizione

Eventi straordinari, quali un’epidemia di peste, potevano ripetersi con una certa frequenza in una società di antico regime. Essi mettevano a dura prova le autorità di governo, costringendole ad assumere provvedimenti drastici ma, nella maggior parte dei casi, scarsamente risolutivi. Per combattere la peste bisognava infatti prevenirla, bloccarla alle porte di un centro, impedire che essa dilagasse. Era soprattutto la prevenzione alla base della lotta impari contro la malattia. Una prevenzione che le autorità erano tenute ad adottare in maniera rigorosa, senza eccezioni di sorta; tuttavia, nella realtà altre erano le logiche che spesso prevalevano. Con conseguenze disastrose per intere popolazioni. Alla luce di tali osservazioni, il ruolo delle istituzioni, le scelte e le “politiche” da esse adottate, a livello centrale e locale, emergono quali fattori chiave per leggere la storia delle epidemie di età moderna e, non ultima, della terribile pandemia scoppiata nel 1656 nel regno di Napoli. Fattori in grado di chiarirci successi e insuccessi, diffusione e controllo. In una società caratterizzata da dinamiche tutte proprie, basate su privilegi e diritti consuetudinari, la peste rompe gli equilibri preesistenti e l’ordine costituito, rimette in discussione le forze tradizionali e fa sorgere forze nuove. E, mentre le istituzioni centrali cercheranno, spesso invano, di proporre soluzioni atte a governare un regno in preda all’epidemia, saranno i “poteri” locali a emergere con rinnovato vigore, a trovare nuovi spazi di azione nel tentativo di controllare il territorio da essi amministrato. Spazi che toccherà alle istituzioni della capitale ricollocare, a epidemia terminata, in ambiti tutti nuovi. In tal senso, la peste del 1656 rappresenta un importante punto fermo per la storia delle epidemie che scoppieranno nel Mezzogiorno negli anni successivi, un’importante lezione per i governanti che verranno, i quali faranno ricorso a “politiche” ben diverse da quelle adottate nel 1656.

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