Descrizione

L’utilitarismo febbrile che guida oggi il governo della conoscenza sta mettendo in pericolo la ricerca scientifica. Il management liberale imposto alle istituzioni scientifiche rischia di ridurre la scienza a tecnoscienza: il finanziamento a progetto, le valutazioni quantitative a breve termine, l’esacerbazione della concorrenza, il branding dell’eccellenza autoproclamata e l’insicurezza della carriera sono solo alcuni degli aspetti del governo della conoscenza che oggi occorre sottoporre al vaglio del sapere critico. Paradossalmente, questi cambiamenti sono imposti in nome di un’ambizione strategica dell’Occidente contro i paesi emergenti, il monopolio di una “economia della conoscenza”, la cui natura illusoria è già evidente. Questa crisi si accompagna al disordine dell’apparato di trasmissione del sapere, l’università, che deve fare i conti con un mercato del lavoro dove si richiedono competenze sempre più settoriali. Purtroppo, il mondo accademico si adegua pur con riluttanza alle ingiunzioni che esauriscono sia la gioia della ricerca che quella della sua trasmissione.
Lucido, preoccupato ma combattivo, il presente saggio non si accontenta di descrivere semplicemente queste forme specifiche di abuso neoliberale: è un appello vivace e impegnato per la vocazione primaria dell’impresa della conoscenza, che è incompatibile con la logica del profitto e della sottomissione ai poteri economici e politici. Ci invita a non soccombere alle sirene dell’operazionismo, a non ridurre la realtà alla sua sfruttabilità in termini economici, e a reintegrare la nozione di ‘tempo lungo’, necessario a qualsiasi progetto di ricerca.